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Institut für Archäologie Prähistorische Archäologie

La necropoli protostorica di Gudo TI: dall'Epoca del Bronzo alla seconda Età del Ferro

von Mattia Sormani

Nec. Gudo 2006 (Pastorelli 1966)

 

Abstract: La necropoli di Gudo, situata a circa sette chilometri da Bellinzona, sulla sponda destra del fiume Ticino in località Progero – La Monda (Campicc), alle pendici del cono di deiezione formato dal riale Progero , è composta da ben trecentosei tombe, costituendo così uno dei contesti funerari più grandi della zona a nord del Monte Ceneri.
La necropoli vera e propria, che risale all'Epoca del Ferro, con le sepolture più antiche datate al VI sec. a.C. e quelle più recenti al III sec. a.C., occupava un'area vicino al corso del fiume Ticino, così come si presentava nel 800, prima della definitiva canalizzazione. Questa zona, posta vicino al corso del fiume e poco distante dal Lago Verbano, aveva un'importanza strategica e commerciale molto rilevante, posizionandosi su una delle principali direttrici commerciali fra l'area Padana ed Etrusca e gli altopiani Nord Alpini Celtici, come testimoniano anche molti manufatti ritrovati nella necropoli in questione e in quelle vicine, come quella, per esempio, di Giubiasco (recentemente pubblicata).
Molti frammenti ceramici risalenti all'Epoca del Bronzo attestano che la zona era utilizzata fin dal II millennio a.C. Il ritrovamento di alcune tombe romane nel 1905 (delle quali i corredi sono purtroppo dispersi), di tre monete, anch'esse romane, appartenenti a diversi periodi imperiali (monete anch'esse scomparse) e di una fibula longobarda (esposta al Museo Civico di Bellinzona) ci forniscono indizi per poter affermare, con una certa sicurezza, che l'area ebbe una frequentazione praticamente continua dal II millennio a.C. fino ad oggi. Rimane, come unico periodo buio il passaggio dall'Età del Bronzo a quella del Ferro, così come avviene in tutti i contesti archeologici del nostro territorio.
Questa necropoli inoltre si distingue dalle altre della medesima area geografica per l'eccezionale stato di conservazione delle strutture funerarie e perifunerarie al momento della scoperta (di cui rimangono oggi come unica testimonianza, oltre alla pubblicazione del Baserga del 1911, alcune fotografie). Questo raro stato di conservazione è dovuto alla grande massa di sedimenti (5 – 7 metri) che il riale Progero ha accumulato nel corso dei secoli sopra il sedime della area funeraria e che hanno protetto questa necropoli dalle spoliazioni e da distruzioni causate da lavori agricoli. La presenza di alcuni reperti, che dal punto di vista tipologico presentano molte peculiarità come, per esempio, una Zweiknopfibel (o fibula a bottoni laterali) di provenienza nord alpina, finora unico esempio nel Canton Ticino, oppure due vasi a bande rosse e nere, anch'essi unici in Ticino, che potrebbero avere dei collegamenti con l'area culturale Eneta, ne rafforzano ulteriormente l'interesse.
La necropoli di Gudo fu rinvenuta durante gli ultimi lavori di correzione del corso del fiume Ticino nel territorio del comune di Gudo nel 1909. Avvisaglie che ci si trovasse in una zona interessante dal punto di vista archeologico, però pare se ne ebbero già nel 1905 quando, come innanzi accennato, durante alcuni lavori non meglio specificati, furono rinvenute tre tombe di epoca romana.
I lavori di recupero del materiale archeologico durarono quasi due anni sotto la supervisione prima del parroco di Monte Carasso, Don Siro Borrani, che si occupò degli scavi per due mesi circa, ed in seguito del signor A. Ortelli che portò a compimento i lavori nel 1910.
Complessivamente, dunque, le tombe portate alla luce furono trecentosei, alle quali si devono sommare anche diverse altre strutture di grande interesse estranee all'ambito propriamente tombale, ma probabilmente collegate a rituali funerari. Queste strutture, oggetto di un'analisi particolare nel mio lavoro di dottorato, si suddividono in tre tipi:

  • il primo di questi è composto da sette strutture che, pur ricordando nella forma le sovracoperture delle tombe, non nascondevano alcuna sepoltura; esse si posizionano tutte, tranne una, ai margini dei tre gruppi di sepolture;
  • il secondo tipo è costituito da venti tracce di roghi, posizionati anch'essi ai bordi dei raggruppamenti di sepolture;
  • l'ultimo tipo è composto da cinque resti di probabili strade, delle quali una è lastricata.


Le tombe scoperte presentano tutte (tranne una) le caratteristiche costruttive tipiche delle sepolture a inumazione dell'area golasecchiana occidentale, dette anche "a pozzo" o "a fossa", costituite da una camera sepolcrale posta a un metro e mezzo circa di profondità dove si ritrova il corredo del defunto (i resti organici sono per lo più scomparsi a causa dell'acidità del suolo). Al livello del terreno invece si ritrovano spesso dei piccoli tumuli (che in un caso raggiunge la notevole grandezza di 12 metri di diametro) generalmente di pietra, più o meno regolari e variamente costruiti, solitamente di forma circolare per le tombe maschili e di forma rettangolare per quelle femminili, con, talvolta, infissi nel centro dei segnacoli di pietra (nel caso di Gudo purtroppo privi di iscrizioni, presenti invece in alcuni esempi del Sottoceneri).
La tomba 154 è l'unico esempio di tomba a incinerazione della necropoli, e ripropone moduli costruttivi tipici dell'area Sottocenerina (area che appartiene alla facies culturale golasecchiana orientale, dove il rito funerario quasi esclusivo era la cremazione).
Nelle sepolture scavate furono rinvenuti complessivamente 1200 oggetti ai quali si assommano tutti i reperti sporadici, giungendo così ad un totale di circa 1500 reperti. Significativa è la presenza di molti monili d'ambra che testimoniano ulteriormente la posizione strategicamente importante per i commerci della popolazione Leponzia su una delle direttrici della via dell'Ambra che dal Mar Baltico portava questo prezioso materiale fino al Mediterraneo.
 

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